Cicconi Alessandro Psicologo

Le criticità dell’adolescenza sono note, eppure sia i professionisti che i genitori si trovano spesso impreparati e faticano a comprendere le specificità di questo momento della crescita individuale. Ecco perché la psicoterapia nell’adolescenza deve essere diversa da quella per l’adulto.

Erik Erikson, psicoanalista tedesco noto per i suoi studi sullo sviluppo, scrisse che l’adolescenza è una fase di passaggio tra “il non più e il non ancora”. Proprio il fatto di non appartenere più al mondo dell’infanzia e non ancora al mondo degli adulti è alla base delle crisi di passaggio e di rottura tipiche di chi attraversa questo momento della vita. Questo periodo comporta un vero e proprio sconvolgimento: del corpo, della comunicazione e delle relazioni. Si tratta di una crisi che non riguarda solo il giovane: tutta la famiglia è direttamente coinvolta.

Attraversare questa fase è fondamentale per approdare a una modalità adulta di porsi e di essere. L’adolescente è come l’acrobata che lascia il trapezio per fare un salto verso un nuovo trapezio. Tale salto avviene in sicurezza se la rete relazionale (famiglia e amici) lo sostiene, ma anche la sua rete di pensieri ed emozioni deve essere pronta a elaborare questa fase di passaggio.

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Che cosa accade se ciò non avviene? Quando il giovane non si sente sostenuto da una di queste due reti (quella esterna, cioè le relazioni con gli altri, e quella interna, cioè le proprie capacità di affrontare ciò che sta vivendo), vi può essere una caduta. Esempi di queste “cadute” possono essere l’ansia, la depressione, gesti autolesionistici, disturbi dell’alimentazione, fobie sociali, difficoltà ad andare a scuola, episodi di bullismo. In questi casi chiedere aiuto è il primo passo per rialzarsi.

Lo psicoterapeuta aiuta l’adolescente a mettere in parola e fare uscire emozioni, pensieri, sogni e desideri che sono spesso vissuti come segreti o inaccettabili. Emergono così aspetti della personalità che il giovane fino ad allora non riusciva ad accettare: vederli insieme a un adulto gli consente di assumersi la responsabilità di chi è, entrando nell’area adulta dell’identità. Il giovane diventa protagonista di se stesso nel momento in cui chiarisce chi è e chi non vuole essere.

Inoltre, studi scientifici confermano come un intervento precoce su problemi psicologici e psichiatrici in adolescenza prevenga cure ben più lunghe e costose in età adulta. Aiutare il giovane a diventare protagonista della propria vita mette le basi per una maturazione più libera da conflitti e confusioni.
Quando un giovane o i suoi genitori arrivano a chiedere un aiuto psicologico è solitamente a causa dei sintomi che l’adolescente lamenta e l’obiettivo è quello di superare l’ostacolo che lo sta bloccando nella sua crescita e nel suo affermarsi come individuo.

Cicconi Alessandro PsicologoAiutare solo il giovane il più delle volte non basta: è fondamentale un coinvolgimento dei genitori parallelo e distinto dal figlio. Il giovane porta spesso un disagio nel confrontarsi con i propri genitori ed è importante, per una buona prognosi, che i genitori stessi possano essere sostenuti a rivestire e modificare il loro ruolo. Avere la collaborazione dei genitori significa rafforzare quella rete che deve sostenere il giovane nel fare il salto. In alcuni casi i genitori fanno fatica a trovare la giusta distanza dal proprio figlio, con il rischio di sbandamenti agli estremi: o lo controllano come se fosse ancora un bambino bisognoso, o prendono le distanze facendolo sentire abbandonato. Compito del genitore è trovare quel difficile e sottile equilibrio tra lo stare accanto e guardare a distanza.

Infine, in situazioni di stallo del giovane nello svolgimento di attività significative per la sua crescita, lo psicoterapeuta deve poter contare su di una rete ulteriore: un gruppo di professionisti tra cui educatori e assistenti sociali che, collaborando, possano rispondere ai diversi bisogni evolutivi del giovane paziente.